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Le spie dell' incertezza

Titolo: “Le spie dell' incertezza - famiglia, scuola, istituzioni
la costruzione del Sé allo sbando ”

Autore: Francisco Mele
Anno: 2004
"Si diventa maestri se prima si è testimoni"

Le riflessioni di Francisco Mele per riparare i guasti nell'era della modernità liquida La costruzione del Sé tra incertezza e globalizzazione Si accendono per segnalare un guasto. Sono le spie illuminate di rosso su frigoriferi, lavatrici, computers. Elettrodomestici “intelligenti” che rilevano -da soli - le incertezze che attanagliano i propri circuiti, meccanismi raffinati che ne regolano il funzionamento. Dopotutto, nell’età imbevuta del mito della tecnica, è negli strumenti d’uso quotidiano che l’uomo ha riversato la propensione prometeica ad avvicinarsi a Dio, i sogni pantecnologici di scansione delle emozioni, di quella costruzione del Sé che fatica a divincolarsi dalla riduzione in reazioni chimiche mediante cui poter spiegare il flusso delle emozioni. Francisco Mele, psicoterapeuta e ricercatore argentino lo ha sempre sottolineato in grassetto, come continua a fare nel suo ultimo lavoro "Le spie dell’incertezza" (Bulzoni, Roma, 2004). Sulla scorta delle esperienze vissute in istituti per minori e in ospedali psichiatrici, convinto che ogni individuo definisca la propria identità socialmente, si confronta con la poliedrica realtà attraverso un’ottica multidisciplinare. E ne è uno degli autori più capaci. Nell’era usualmente definita di “transizione” (si pensi all’analisi compiuta sul versante costituzionale da Cotturri), Mele adopera il concetto - ormai categoria analitica - per fornire basi persino storiche al tratteggio delle patologie da incertezza, virus che destruttura sicurezze che sembravano acquisite per sempre. Il merito di Francisco Mele consiste nello sfilarsi da tentazioni inclini a ottimismi o pessimismi di maniera: si confronta con le urgenze di una “vita che va avanti”, senza subirne passivamente le sferzate, tentando di indicare dalla base primaria, l’uomo, prospettive di incidenza sul presente. Lo sforzo va a discapito di alcune sfumature e di alcuni cromatismi, ma probabilmente è una metodologia vincente e la risposta ad un’urgenza improcrastinabile. Ripartire dall’uomo, dalla costruzione e dal consolidamento del suo Sé, così il singolo può tornare a rapportarsi con le insicurezze che ne attanagliano l’esistenza nell’età globalizzata: la flessibilità del lavoro; la scomparsa di appigli familiari; la nevrotica vita urbana. Senza scadere nel pessimismo cosmico – quello che gronda dalle riflessioni di Bauman - o senza farsi rapire dalla tentazione di appoggiare soluzioni autoritarie, incarnate da personalità paranoidi che riescono a coinvolgere altre persone in progetti deliranti, segnala pubblicamente – forte dell’impegno diretto - i mali che si infiltrano nella famiglia, nella scuola; nella città. Riprende l’agire comunicativo habermasiano, si incrocia con la teoria popperiana dei tre mondi e rappresenta una strategia d’insieme per relazionarsi tanto con l’universo degli oggetti quanto con quello interpersonale. La potenza discorsiva può arrestare la degenerazione della modernità, frenare l’avvitamento della sua stessa pesantezza che ha spinto un’intera generazione di filosofi a celebrare l’avvento della postmodernità, prima che la più accorta scienza sociale - rilevando la persistenza di alcuni nodi - virasse in direzione dell’affresco di una seconda modernità (Giddens, Beck) o, con felice espressione linguistica, di una modernità liquida (Bauman), sfuggente, simultaneamente capace di adattarsi, come l’acqua, ma non di risolvere il senso di solitudine così efficacemente descritto da Putnam in Bowling alone. La potenza del discorso per vincere scivolamenti verso sindromi d’arrocco, frequentemente voltesi in proposte comunitariste, riportando l’individuo immerso nella dimensione collettiva di un’appartenenza liberamente scelta, a rilanciare un progetto istituzionale che lo elevi da comparsa a protagonista, con un contratto sociale che, senza abolire persino esplosioni conflittuali, consenta di rimettere in discussione le ragioni del malessere contemporaneo, spegnendo le spie della paralizzante incertezza. Non tutte forse, ma almeno qualcuna.
Alessandro Lattarulo

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